giovedì 13 novembre 2008

Lettera aperta al Ministro dell'Istruzione, Universita' e Ricerca

Di seguito il testo della lettera che consegneremo al Console Generale d'Italia a Monaco in occasione del presidio di Venerdi' 14. Per aderire potete firmare qua.


Gentile Ministro,

in occasione dello sciopero generale dell' Università e della Ricerca di Venerdì 14 Novembre, in qualità di ricercatori italiani all'estero abbiamo deciso di manifestare la nostra solidarietà alla mobilitazione dei nostri amici e colleghi in Italia, e di offrire il nostro punto di vista su una questione finalmente di grande interesse pubblico e politico nel nostro paese: il futuro dell'Università' e della Ricerca.

Vogliamo innanzi tutto esprimere grande preoccupazione per gli ingenti tagli recentemente approvati al finanziamento ordinario di Università ed Enti Pubblici di Ricerca, che vanno nella direzione opposta a quella intrapresa dall'Italia con la ratifica degli accordi di Lisbona (investimento del 3% del PIL entro il 2010). Il risultato non è, infatti, l'eliminazione degli evidenti e fastidiosi sprechi, ma la messa in dubbio dell'intero sistema dell'Università' pubblica, insieme al lavoro avviato in molte strutture d'avanguardia e alla partecipazione a progetti internazionali dei nostri tanti brillanti colleghi in patria. Il decreto approvato pochi giorni fa dal Consiglio dei Ministri, pur rimuovendo sulla carta il blocco del turn-over negli Enti di Ricerca e lanciando alcuni segnali positivi sulla volontà del governo di un cambiamento finalmente mirato alla meritocrazia, non affronta radicalmente i problemi lasciando sostanzialmente invariati i tagli alle risorse. Una riforma profonda e condivisa da tutte le forze politiche e parti sociali sarebbe invece a nostro giudizio necessaria, senza vedere stravolte le regole del gioco ogni volta che si cambia Governo o maggioranza politica.

Il sistema della formazione in Italia non mostra solo evidenti problemi, ma anche indubbie potenzialità su cui investire. La cosiddetta “fuga dei cervelli”, ad esempio, è di per sé un dato assolutamente incoraggiante, che dimostra la dinamicità e la competitività a livello internazionale dei ricercatori formatisi nelle Università italiane, e rappresenta piuttosto una risorsa per l'acquisizione di nuove competenze e contatti nei centri di eccellenza mondiali. Il problema e' piuttosto l'assenza di un flusso inverso di ricercatori italiani e stranieri verso il nostro paese, a causa della scarsa competitività e appetibilità del nostro sistema ricerca: stipendi bassissimi rispetto al resto d’Europa, cronica difficoltà nel garantire fondi per i progetti di eccellenza, impossibilità di programmare a lungo termine. Questo non può che portare a un progressivo impoverimento del livello generale della ricerca e dell'insegnamento. Così facendo, non solo si restringono le prospettive di crescita culturale e scientifica delle generazioni future, ma si taglia fuori l'Italia dal circuito mondiale di produzione del sapere, in un lento e inesorabile processo di “provincializzazione” del paese.

Pur con storie personali molto diverse, la scelta di lavorare all’estero per molti di noi è guidata soprattutto dalla volontà di ampliare le nostre conoscenze e arricchire le nostre competenze. Sarebbe auspicabile che questo investimento fosse visto in Italia come una risorsa, un motivo di orgoglio, e uno stimolo ad affrontare con più coraggio e determinazione la competizione internazionale. Al tempo stesso, i ricercatori italiani all’estero, indipendentemente dalle personali scelte di carriera, vorrebbero poter guardare alle Università e agli Enti di Ricerca che li hanno formati in patria come a chiari punti di riferimento nel panorama globale dei luoghi della conoscenza.

Una riforma profonda finalmente incentrata su una modifica seria in senso meritocratico del reclutamento e del finanziamento, l'approvazione di regole condivise e di una pianificazione a lungo termine sia delle assunzioni sia delle aree e dei progetti di investimento, l'adeguamento dell'investimento e dei salari agli standard europei, renderebbe il sistema finalmente efficiente e attrattivo non solo per gli italiani all'estero, ma anche per i migliori ricercatori stranieri.

Tutto ciò però implica chiare scelte di campo nella gestione delle risorse da dedicare alla ricerca. Proprio davanti al profilarsi di una crisi economica profonda in tutti i paesi industrializzati, è giunto il momento di dimostrare quale futuro la nostra classe dirigente immagina per il nostro paese. Le nostre firme, così come le voci dei nostri colleghi in agitazione in Italia e ovunque nel mondo, servono a ricordare che senza risorse la ricerca non avanza, ma senza ricerca un paese regredisce.

Nel ringraziarvi per l'attenzione,

I ricercatori italiani a Monaco di Baviera

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